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domenica 13 novembre 2011


 I cicli quasi ventennali.




Mentre si consumava la tragica farsa della crisi sia del Governo che del berlusconismo, mi passavano per la mente molti pensieri, ma uno in particolare ancora non mi abbandona: ci sono altri esempi negli ultimi centocinquant'anni della storia d'Italia?
Sì, purtroppo ci sono.
  1. Dopo la proclamazione dell'Unità, per circa diciassette anni Minghetti e altri Presidenti della Destra storica, con l'aiuto delle capacità tecniche di Sella, riportarono in pareggio il bilancio, in completo disastro a causa delle spese sostenute per le guerre risorgimentali e per l'alto costo derivanti dalla costruzione del nuovo Stato. Furono anni di lacrime e sangue, ma alla fine la Destra, quando lasciò il Governo, lasciò alla Sinistra di Depretis e Crispi una ricchezza da dilapidare.
  2. Vent'anni dopo questa ricchezza quasi non esisteva più. Toccò al liberale Giolitti, al quale lo stesso Salvemini, riconoscendo di avere sbagliato, con grande onestà intellettuale chiese scusa per averlo definito “Ministro della Malavita”, rimettere in sesto l'Italia non soltanto economicamente, ma anche politicamente e socialmente, perché fosse all'altezza dei nuovi tempi.
  3. Poi venne la Grande Guerra, con le sue morti, la povertà dei più deboli e la ricchezza dei più forti. Anche qui altri vent'anni di statalismo, non più socialista, ma fascista. Si trattava, però, sempre dell'infausto statalismo, ammantato questa volta della pseudo dottrina economica dell'immarcescibile Keynes. Una dottrina che permise di giustificare l'IRI e tante altre stupidate del genere, che dopo gli anni '60 partoriranno la politica catto-comunista. Poi la Seconda Guerra mondiale, ancora morti, distruzione e povertà. Ancora una volta ci si rivolge a personalità liberali, in primis a Einaudi. In meno di quindici anni avemmo il famoso Boom economico e la nostra lira vinse nel'60 l'Oscar mondiale quale moneta più forte.
  4. Poi tornarono gli anni dello statalismo sfrenato e lo Stato divenne persino produttore di panettoni (Motta e Alemagna), di automobili (Alfa Romeo ecc.), di cipolle e ortaggi vari (SME). Non solo, diede pure libertà di corruzione a non poca sua burocrazia e alla sua classe politica. La conclusione di questa situazione nuovamente insostenibile si ebbe nel '92. I tempi, però, non erano ancora maturi per un Giolitti o un Einaudi. Si presentò un tale Berlusconi, che disse agli Italiani di voler fare come questi suoi predecessori. Gli credettero così numerosi, che si convinse di essere una sorta di uomo del destino. Fu preso da una sorta di delirio di onnipotenza e non ascoltò nessuno che non gli dicesse che aveva ragione. Lentamente si circondò sempre di più di yes men e all'unico statalista accanto a lui, Tremonti, permise di bloccare la crescita del Paese. Il suo pensiero era troppo debole di dottrina, per cui forse non si accorse neppure che stava ingannando gli Italiani: aveva avuto fiducia in nome di una politica liberale e ora esercitava una politica statalista. Come nelle due precedenti occasioni, adesso tocca a un liberale come Monti tentare di chiudere le falle.

In forza di questi esempi del passato, io sto con Monti e Napolitano. Il loro sarà un tentativo difficile, ma mi auguro che nel poco tempo a loro disposizione possano riuscire a rendere più moderna e aperta l'Italia provincialotta che il dito medio di Bossi e i cucù di Berlusconi ci hanno lasciato.

venerdì 11 novembre 2011

Finalmente un po' di luce!


Sembra che finalmente l'uomo che voleva guardare in faccia i traditori durante l'ultimo voto alla Camera, dimentico che tanti Italiani guarderebbero lui in faccia come l'uomo che li ha traditi e che per diciotto anni li ha ingannati, stia per andarsene.
Verrebbe voglia di dire: meno male! oppure finalmente! Ma non possiamo farlo, perché sappiamo che ci aspettano giorni duri, in cui pagheremo la nostra mal riposta fiducia e il nostro silenzio, quando Berlusconi e Tremonti assicuravano che tutto andava bene, che i conti erano a posto e che ormai era tempo di diminuire le tasse.
Uno spiraglio s'intravvede, però, grazie al Presidente Napolitano, che ormai ha dimostrato il suo diritto a essere annoverato, insieme a Einaudi, fra i migliori due Presidenti che l'Italia abbia avuti. La sua quasi certa decisione di dare l'incarico a Monti di formare un nuovo governo di “salute pubblica”, fidando sulle sue capacità, non soltanto tecniche, e sulla grande stima internazionale di cui gode, lasciano ben sperare. Come lascia ben sperare la sua perentoria affermazione che occorre, per risolvere la crisi, distruggere i tanti privilegi che frenano ogni sviluppo e fare finalmente le necessarie riforme strutturali. Quando l'ho ascoltato pronunciare queste parole, ho avuto l'impressione che stessero parlando all'unisono Einaudi, Sturzo, Rossi e Leoni.
Speriamo che anche nel suo caso non si tratti di “prediche inutili”, come le definiva Einaudi. E il pericolo che il suo tentativo risulti vano c'è, se è vero che un giacobino ministro non è mai un ministro giacobino. Ve l'immaginate Monti che cerca di convincere quella caterva di parlamentari ignoranti e incuranti del bene del Paese, fino al punto di diventare una Casta scroccona e china sotto il peso dei suoi privilegi?
Sarà un'opera difficile, la sua, ma ha speranza di successo, perché non è più solo, avendo il sostegno del Presidente Napolitano, che ha saputo parlare al Paese, agli Italiani e ai politici stranieri; perché ha alleati i mercati e gli investitori stranieri, che già al solo sussurro del suo nome hanno ripreso fiducia nel nostro Paese, consentendo il ribasso del famoso spread; perché anche gli Italiani, stanchi di correre dietro alle menzogne, si troveranno di fronte uno che le verità le dice con sincerità e cognizione di causa e per il loro futuro lo sosterranno non per la sua ricchezza o per la sua autorità, ma per l'autorevolezza, che gli deriva dalla sapienza e dalla integrità morale.
Integrità morale non soltanto materiale, ma anche e soprattutto intellettuale. Sarà per lui un lungo e faticoso cammino, ma gli auguro, per i figli e i nipoti degli Italiani, che mai gli vengano meno le forze per sostenere i tanti impegni che l'attendono.