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sabato 24 settembre 2016

Forse in molti non sanno che Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, è uno dei ricercatori più citati al mondo. Non lo sanno sicuramente Crocetta, Gucciardi e Lapunzina.
Forse ancora in molti non sanno che nel data base che contiene tutte le pubblicazioni relative alle ricerche (Pubimed) nel mondo, il primo posto è occupato dai ricercatori italiani in immunologia, in oncologia e in ematologia. Non lo sanno sicuramente Crocetta, Gucciardi e Lapunzina.
In un suo articolo su La Repubblica così Letizia Gabaglio: “In assenza di finanziamenti pubblici, il lavoro dei ricercatori è tutto nelle mani delle aziende. Che spesso decidono di puntare sull'Italia e sul suo potenziale di innovazioni in oncologia, ematologia, dermatologia, reumatologia perché i ricercatori sono tra i più bravi. Certamente lo fa la biotech americana Celgene, che investe sugli italiani più di quanto non faccia in altri paesi europei: il doppio che in Gran Bretagna, Francia o Germania. La ragione la spiega l'amministratore delegato Pasquale Frega: «Il nostro modo di fare innovazione si sposa bene con lo spirito di ricerca italiano. Lavoriamo molto sulle malattie rare o su quelle che non hanno ancora una risposta adeguata. È una sfida che gli italiani dimostrano di saper raccogliere al meglio. Anche se manca ancora una strategia precisa per attrarre sempre più aziende».
Appunto, manca ancora una strategia precisa per attrarre sempre più aziende; sempre meno sostegno ai giovani ricercatori, che, a causa delle pastoie burocratiche e dell'insipienza della classe politica, vanno sempre più spesso a lavorare all'Estero. Alla nostra burocrazia e alla nostra politica compete soltanto l'impegno alla creazione di precari e di parlarsi addosso. Scienza e coscienza, sapienza e cultura, neanche a parlarne. Soprattutto nel caso di Crocetta, Gucciardi e Lapunzina.
Una ulteriore e forse definitiva prova l'abbiamo avuta sulla questione del piano regionale siciliano, che riguarda il Giglio di Cefalù, uscito dalla decadenza di ospedale pubblico con la Fondazione San Raffaele-Giglio, durante la quale sono stati spesi sì tanti soldi, ma lo si è trasformato, se non un ospedale d'eccellenza, certamente in un ospedale, che all'eccellenza poteva aspirare.
Ancor più questa meta sembrava più vicina grazie alla nuova dirigenza, che ne ha cancellato i debiti pregressi e dopo due anni di sacrifici si avviava a una strategia di sviluppo. Sembrava cosa fatta, quando inopinatamente la Regione aveva minacciato di chiuderne proprio quei reparti, che avrebbero permesso all'ospedale di svilupparsi verso la via dell'eccellenza.
Una levata di scudi da parte di tutti gli interessati, ivi comprese le popolazioni dei Nebrodi e delle Madonie, che nell'ospedale di Cefalù hanno da anni un riferimento sanitario sicuro. I poveri Sindaci del Distretto sanitario, come sospinti dalla rabbia di questa popolazione – che in fondo rappresentava il loro elettorato – si sono svegliati e subito hanno cavalcato la protesta. Erano però come ancora addormentati, perché non hanno capito come motivare la loro protesta e si sono limitati, alcuni, a minacciare la restituzione della tessere del loro partito. Non capivano, i poveretti, che la difesa del Giglio non doveva basarsi su una simile inutile minaccia, ma su argomentazioni diverse, che avrebbero dovuto mostrare come da questo ospedale, così com'è, possono ottenersi grandi cose, come quelle descritte sopra e come quelle che ho indicato nel seguente intervento: http://www.qualecefalu.it/node/19915#.
Purtroppo, però, abbiamo una classe politica regionale e locale nemica della cultura, del progresso scientifico e, soprattutto, di quello sanitario. Politici dannosi persino alla salute dei loro elettori.
Così non accadeva neppure nel Basso Medioevo, quando si moriva ancora di peste! Perché accade? Perché un investimento pubblico di miliardi delle vecchie lire dovrebbe essere destinato al nulla, invece di trasformarsi in un faro di ricerca sanitaria e di salvezza per i malati? Perché questo basso profilo da parte della politica, che finora, dicendo e non dicendo, ha trattato questo vitale problema come se si trattasse dei precari della Forestale e di quelli impegnati nei Comuni? Perché ci si dimentica che in Italia e in Sicilia ci sono giovani ricercatori, che il mondo intero c'invidia e, quando può, ci ruba?