Visualizzazioni totali

martedì 16 agosto 2016

Anche a me è accaduto, andando alla ricerca delle responsabilità degli errori dei politici in un sistema democratico, quale dovrebbe essere il nostro, di addebitarle agli elettori, perché sceglievano male i loro rappresentanti.
Oggi, invece, dopo riflessioni, che cercherò di descrivere di seguito, sono giunto alla conclusione che forse gli elettori non sono così responsabili, come credevo e come molti critici credono.
Intanto, occorre stabilire chi sceglie i candidati, fra i quali gli elettori devono operare la loro seconda scelta trasparente. Rispondere è indispensabile, per trovare le responsabilità del cattivo funzionamento del nostro sistema politico. È quindi necessario esaminare che cosa accade prima della della scelta elettorale. Questo perché, se la scelta elettorale dovrà compiersi non tra uomini capaci d'essere leader, ma fra rettili offerti da un sistema partitico o movimentista, che non opera con trasparenza, pur essendosi inventate le “primarie” o il voto web per compiere tale scelta.
Che cosa fare, allora? Inventarsi un nuovo partito o un nuovo movimento? Credo che sarebbe inutile. Questo partito avrebbe difficoltà a far familiarizzare l'opinione pubblica con i suoi programmi o a rendersi credibile con i mezzi d'informazione. Per di più i partiti politici hanno predisposto regole elettorali favorevoli ai propri candidati.
Occorre, però, intervenire prima dell'offerta delle candidature. Sicuramente la cosa è difficile, quasi impossibile, nel caso di elezioni nazionali e persino regionali, ma è possibile nel caso di elezioni comunali. In questo caso gli elettori non dovranno subire un regime predatorio come quello che da oltre un quarantennio governa l'Italia ed esso non potrà alimentarsi dell'appoggio elettorale degli uomini rappresentano i suoi partiti come satrapi locali. L'elezione di uomini al di fuori di tali partiti, infatti, toglierebbe forza a questi partiti e renderebbe impossibile la gestione delle clientele.
Ammetto che inizialmente queste amministrazioni locali indipendenti subiranno una lotta spietata della politica regionale e nazionale, magari con il sistema del diniego dei finanziamenti per le infrastrutture necessarie e persino con l'imposizione di tassazioni più elevate, ma a fronte della resistenza delle loro rappresentanze finiranno con il cedere. La gente che ha eletto i sindaci, infatti, sarà pronta a seguirne le scelte nel momento delle elezioni e non voterà certamente per uno dei suoi tiranni. S'invertirà finalmente l'andazzo attuale, che vede i cittadini assediati dalla propaganda, impauriti e trattati con disprezzo dei loro diritti. Disprezzo tanto più cinico, quanto più viene dal loro diretto rappresentante, il sindaco.
Non c'è dubbio che tale inversione di tendenza salverebbe Cefalù e, se il suo esempio fosse seguito da altri Comuni, salverebbe anche l'Italia. S'immagini il ruolo storico di Cefalù!
I Cefalutani saranno capaci alle prossime elezioni di compiere scelte così pacifiche, ma nel contempo così rivoluzionarie? Dal loro seno sapranno proporsi uomini nuovi, degni di mettersi a capo di una simile rivoluzione? Confesso che non ho una risposta, ma non dubito che questa è una delle ultime occasioni che ha Cefalù per liberarsi dei lacci clientelari, che hanno reso precaria la vita dei suoi cittadini e incerto il futuro dei loro figli. Nel prossimo maggio 2017 potranno dimostrare di essere cittadini, titolari di diritti inalienabili, e non vili sudditi.



venerdì 5 agosto 2016

Chi sono i Siciliani? Un giudizio di oltre quattro secoli fa.

Se leggete a pagina 961 di La corda pazza di Leonardo Sciascia, troverete la seguente citazione di Scipio di Castro: “I siciliani generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono farebbero se fossero al posto dei governanti. D'altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei [il personaggio mitologico capace di cambiare forma], si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono di incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt'altro modo.
Prima di commentare il brano riportato da Sciascia, è opportuno conoscere meglio il suo autore e il tempo in cui visse. Scipio di Castro era nato a Policastro, vicino a Salerno, nel 1521 e morì nel 1583 a Roma. Fu senza dubbio un avventuriero e, sebbene avesse preso i voti di agostiniano, fu un eretico e un apostata, più volte inquisito dal Sant'Uffizio e condannato. Le sue amicizie gli risparmiarono, però, di scontare le pene più volte inflittegli e comunque gliele resero più sopportabili.
Fra le sue amicizie bisogna annoverare la più importante, quella di papa Gregorio XIII e di suo figlio Giacomo. Altre amicizie permisero a Scipio di partecipare alla politica europea di quel tempo, con l'essere consigliere ascoltato e stimato di ministri, plenipotenziari e di viceré.
In Sicilia visse per un decennio e qui vi fu amico del viceré marchese di Pescara, al quale si deve la porta di Cefalù, che porta il suo nome. Oggi quella porta non ha più le caratteristiche originali, avendo subito mutamenti, qualcuno parla di deturpamento, nel 1868, al tempo del delegato straordinario Antonino Morvillo.
Comunque sia, il legame con Cefalù e con la Sicilia di Scipio di Castro è provato da non pochi documenti, per cui si deve considerare il suo giudizio riportato da Sciascia come il giudizio di una persona informata dei fatti e buon conoscitore del carattere dei Siciliani. Se poi si aggiunge che egli, nonostante il giudizio negativo di cui fu investito dai suoi avversari, fu un uomo intelligente e scrittore di sensatissime lettere e di studi anche scientifici, il suo giudizio deve quantomeno farci riflettere.
Il punto è: dal secolo XVI a oggi il carattere dei Siciliani è cambiato? È quello dei Cefalutani? A me sembra che la riflessione di Scipio abbia ancora più valore di ieri. Lo dimostra ogni giorno il comportamento del popolo, che accetta come un destino obbligato persino il precariato, e quello dei politici, che da questo popolo vengono eletti e si comportano con “incredibile temerarietà”. Una temerarietà, che li spinge a decidere senza riflettere sulle conseguenze, tanto esse ricadranno sempre sul popolo. Come accade e ancor più accadrà a Cefalù.