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martedì 27 maggio 2014

Un sindaco nemico della libertà



Come sicuramente potranno confermare coloro che “hanno titoli certificati e verificati”, quando nell'antica Roma un generale vincitore attraversava la città in trionfo, un uomo stava alle sue spalle per sussurrargli: “ricordati che sei un uomo”.
Se Renzi fosse un generale romano, oggi gli spetterebbe il trionfo, con la differenza che l'uomo alle sue spalle gli sussurrerebbe: “ricordati che sei in Italia”. E l'essere in Italia lo costringe a trattare non con i militi di una legione o con i senatori della Repubblica Romana, ma con le ramificazioni locali del suo esercito (il PD), che certamente sono meno affidabili.
Il PD siciliano è una di queste ramificazioni e quello cefalutano è una sua sub-ramificazione. Esse seguono quelle che potremmo definire le strategie delle visioni oniriche, che sono realtà soltanto durante il sonno della ragione e dell'intelletto, ma che al levar del sole scompaiono persino dalla nostra memoria, come scompaiono – se non sono scritti nella loro immediatezza a futura memoria - non appena si avverano.
Se Renzi dovesse astenersi dal rottamare i tanti segretari e i sindaci, espressioni di queste ramificazioni locali, il suo disegno di una nuova politica sarebbe destinato a restare solamente uno sterile esercizio dialettico-politico, come i tanti ai quali siamo abituati a Cefalù e in Sicilia.
Io non so se la lettura di Tocqueville ha fatto parte della sua cultura politica, ma ritengo che egli non possa non richiamarsi alla sua La democrazia in America, specialmente laddove egli afferma che nel comune risiede la forza dei popoli liberi. Intendendo con ciò affermare che in assenza delle libertà locali e della loro autonomia, non possono esistere cittadini, ma soltanto sudditi. Già questa considerazione, da sola, dimostra quanto sia importante colui che viene eletto a capo della comunità locale – il sindaco, nel nostro caso. Egli non dev'essere l'esecutore di farraginose leggine e neppure il referente di politici nazionali, ma il garante dell'autonomia e della libertà dei cittadini che l'hanno eletto. Egli non dovrà lasciare impoverire questa sua comunità dell'acqua potabile, per correre dietro alle scelte demenziali di una Regione creatrice di carrozzoni; non dev'essere passivo di fronte al furto del suo litorale, non soltanto perché così stabiliscono in alto, ma perché non è stato capace di fornire il Comune degli strumenti previsti dalla legge; non deve consentire la scomparsa di uffici statali, che sono garanzia di amministrazione della giustizia. Se lo consente, infatti, egli ha fatto dei cittadini, che l'hanno eletto, soltanto dei sudditi senza libertà effettiva. Perché meravigliarsi se nelle ultime elezioni in oltre 8.000 si sono astenuti dal votare? Sapevano come la loro partecipazione al voto non avrebbe comportato il loro diritto di sapere, di controllare ed eventualmente di punire. Lo sapevano per esperienza acquisita in questi due anni di amministrazione, in cui ogni cosa è stata decisa prima e soltanto dopo, a cose fatte, è stata portata a conoscenza dell'opinione pubblica. Anche quando la decisione riguardava un fatto strettamente locale, come nel caso del traffico urbano.
Siccome l'amministrazione locale non ha soltanto la funzione di esercitare un'autonomia, ma quella più importante di educare gli uomini all'esercizio della libertà, trasformandoli da sudditi in cittadini, appare chiaro come sia importante la funzione dell'ente locale per favorire la creazione di una nazione di uomini liberi. Una nazione come quella che Renzi ha promesso di creare con le sue riforme, che resterebbero soltanto vuoto esercizio politico, se non provvedesse contemporaneamente ad allontanare – a rottamare, com'egli ama dire – il politicume locale e conservatore (nel significato semantico negativo).
Il mio commento, per essere più chiaro, dovrebbe dilungarsi ancora di più, ma finirei con il venir meno al mio impegno della brevità. D'altronde, come dicevano i Latini, intelligenti pauca.