Nell'anno di grazia di
Nostro Signore 20.. una terribile pestilenza lasciò senza
popolazione la città di Cefalù, che fino ad allora aveva goduto
della protezione del Santissimo Salvatore.
Alla pestilenza si
aggiunse poi una lunga sequela di scosse sismiche, che durarono
parecchi giorni e che lasciarono, infine, un paesaggio totalmente
cambiato. Tanto cambiato, che nessuno vi avrebbe riconosciuto Cefalù.
Di tutti gli abitanti ne
era rimasto soltanto uno, che trascorreva il suo tempo seduto su uno
scoglio, apparso improvvisamente durante il terremoto. Stranamente
egli né mangiava né beveva, ma trascorreva il suo tempo con lo
sguardo posato sulle rovine di quello che fu il paese tanto amato.
Dopo mesi, qualcuno osò
avvicinarsi al luogo così provato e dopo lungo peregrinare, forse
nella speranza di trovare qualche resto dell'antico insediamento,
vide l'uomo sullo scoglio e gli si avvicinò, con la speranza di
ottenerne spiegazioni su quanto era avvenuto.
Quando gli fu vicino,
l'uomo solitario mostrò il suo volto rugoso, arso dal sole e dalla
salsedine, e il suo sguardo profondo. Il visitatore non gli rivolse
subito parola, ma se ne stette a lungo a guardarlo, come se volesse
conoscerlo fin nella sua più profonda intimità.
Lo guardava negli occhi,
ma più li fissava, più profonda diventava quell'intimità. Era come
se guardasse in un profondissimo pozzo senza fondo. Per un attimo gli
sembrò di avere le vertigini e fu costretto a staccare lo sguardo da
quegli occhi. Fu a quel punto che udì la voce del solitario:
“Lo so, sei venuto
qui alla ricerca di un qualche rudere, che possa farti risalire al
tempo passato, ma la tua ricerca sarà inutile. Perché ci siano i
ruderi di un passato, prima dovevano esserci i templi. Templi, però,
non ce n'erano più. E non soltanto i templi costruiti da mano umana,
ma anche quelli dono divino. Per decenni gli uomini furono presi da
così tanto furore, che passarono i loro giorni nella ricerca di
distruggere ogni cosa per la quale era degno vivere. Distrussero
promontori e arenili, panorami e monumenti. Distrussero in nome di un
malinteso diritto al lavoro e quando la loro furia distruttiva si
mostrava non conforme la
consideravano almeno compatibile.
Continuarono così, finché non rimase nulla né a testimonianza del
passato né del favore divino. E così, quando di questo non rimase
quasi nulla, lo stesso Dio volle distruggere tutto, insieme all'uomo
che se n'era dimostrato indegno.”
“E
tu, come mai ti sei salvato?”
disse il visitatore.
“Io
sono rimasto per testimoniare l'accaduto. Soprattutto per raccontare
a te e ad altri che me lo chiederanno, perché tutto intorno c'è il
deserto, che è stato costruito dall'uomo per ignoranza e per
arroganza. Sono rimasto per volontà dell'Onnipotente, che vuol fare
conoscere agli altri uomini che ai suoi doni si deve il massimo
rispetto, per riconoscere il quale Egli ci ha dato la ragione. La
ragione che, chi accetta di essere ignorante, calpesta bestemmiando.
Se poi quest'uomo è anche arrogante, allora la sua bestemmia è
ancora più grave. Ecco, il deserto che vedi è ciò che è rimasto
dopo che tutto e tutti sono sprofondati all'Inferno.”
“All'Inferno?”
“Sì,
all'Inferno!” continuò il
sopravvissuto “E si è dovuto faticare non poco, perché
Satana accettasse le anime di alcuni imprenditori e di alcuni
burocrati. Temeva che la loro presenza avrebbe potuto creare
disordine. Alla fine, dopo insistenze, accettò, ma fu categorico nel
rifiutare i politici. Costoro finirono in un buco nero e non potranno
mai ritornare.”
Il sole era quasi scomparso all'orizzonte e la notte si avvicinava.
L'immensa distesa di sabbia, che occupava il luogo dove sorgeva
Cefalù, perdeva sempre più il suo colore ambrato. Gli animali
notturni cominciavano a far sentire i loro versi e i cinghiali
riprendevano le loro razzie.
Quando il buio fu più fitto, il visitatore non vide più il
sopravvissuto: era andato via senza che se ne accorgesse. Solo e al
buio ebbe paura e si diede alla fuga. Voleva allontanarsi al più
presto da quel luogo di morte, che persino Dio aveva abbandonato.
Voleva allontanarsene e dimenticare di esservi andato; dimenticare
persino che quella landa desolata era stata un giorno uno dei più
bei paesaggi al mondo.